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Frassinoro è l'estremo comune montano occidentale della provincia di Modena situato sullo spartiacque fra i torrenti Dolo e Dragone e ha il capoluogo più alto (1.131 m.slm.) di tutta l'Emilia-Romagna. Posto lungo l'antica Via Bibulca, in origine fu un semplice "ospizio" (luogo di sosta per pellegrini e viandanti) collegato ad una cappella dedicata alla Vergine Assunta al centro di un grande bosco. La lanterna accesa appesa ad un ramo di frassino nei pressi della porta della cappella è con ogni probabilità l'origine della denominazione "Frassino d'oro", da cui il nome "Frassinoro".
La sua storia ha inizio quando Beatrice di Lorena, madre di Matilde di Canossa, nel 1071 decide di fondarvi un monastero benedettino, dotato di vasti possedimenti territoriali, rocche, chiese e beni per un'estensione di oltre 18.000 ettari. L'intero complesso monastico è andato completamente distrutto nel XV secolo, dopo un lungo periodo di abbandono e incuria. Nell'attuale chiesa abbaziale di S. Maria e S. Claudio è stata allestito uno spazio museale con colonne e capitelli provenienti dalle antiche fabbriche abbaziali.
Nei pressi di Cargedolo, sulle rive del Dragone, si trovano numerosi mulini ad acqua (mulino di Silvestro, mulino del Grillo, mulino del Fante) d'origine sei-settecentesca, strettamente legati all'economia e alla tradizione locale, che in alcuni casi si presentano ancora in buone condizioni.
Tra le frazioni, merita citare Piandelagotti, rinomato centro turistico-sportivo attrezzato con decine di chilometri di piste per lo sci nordico e per piacevoli passeggiate con le ciaspole, che in estate offre la possibilità di escursioni in mountain bike, a piedi e a cavallo. La località sorge in quella che un tempo veniva definita "Selva Romanesca", un'immensa area boschiva di origini antichissime poi disboscata a favore delle coltivazioni agricole e delle attività commerciali che si svolgevano lungo la Via Bibulca.
Nell'alta valle del Dragone è una particolare area pianeggiante a ridosso del crinale appenninico: i Prati di San Geminiano (1.456 m.slm.). Il transito della Via Bibulca in questa area aveva giustificato la costruzione nell'XI secolo di un ospizio per l'assistenza ai viandanti, andato completamente perduto. Le uniche costruzioni che rimangono oggi sono una piccola chiesa e una casa colonica. Sono numerosi i sentieri escursionistici e le zone di straordinario interesse naturalistico che offrono suggestivi paesaggi: in particolare la foresta di faggi denominata Boscoreale e il pianoro Le Maccherie (1.539 m.slm.) con l'annessa zona umida. A oltre 1.500 metri di altezza, tra boschi di faggio, si trova poi San Pellegrino in Alpe, splendido balcone sulla Garfagnana e le Alpi Apuane. Il paese ospita il Santuario di S. Pellegrino e S. Bianco e l'annesso ospizio, nato come ricovero per i numerosi pellegrini che percorrevano il tratto più impervio e disagevole della Via Bibulca. Nei locali dell'antico ospizio ha sede il Museo etnografico provinciale Don Luigi Pellegrini, che conserva oltre 4.000 oggetti di uso rurale e domestico dell'Appennino tosco-emiliano dagli inizi dell'Ottocento ai giorni nostri e rappresenta uno dei più importanti musei della cultura materiale del centro Italia.
Più in basso, scendendo lungo il Dolo, di particolare suggestione è il ponte di Cadignano attraversato dal "Sentiero Matilde". Con una sola grande arcata a schiena d'asino, il ponte fu realizzato sul finire del Seicento e rappresenta un capolavoro non solo da un punto di vista architettonico, ma anche per la perfetta cornice ambientale che lo circonda. Nella valle del Dolo sono anche le frazioni di Romanoro, Rovolo e Fontanaluccia.
Isolato e arroccato su un affioramento roccioso, Romanoro (d'origine longobarda) presenta costruzioni tipiche ed interessanti, ma di epoche successive. La valle si allarga poi in prossimità di Rovolo, un incantevole borgo di origine medievale, che ha mantenuto ancora visibili molti elementi strutturali e architettonici tipici dell'epoca. Con un ampio giro il Dolo crea un grande anfiteatro che accoglie la conca di Fontanaluccia: si tratta di un lago artificiale formato da una diga in cemento con rifiniture in arenaria, che alimenta la Centrale idroelettrica di Farneta attraverso una galleria scavata nella roccia viva.
L'abbazia di Frassinoro era uno dei tanti monasteri benedettini legati alla sovrana delle Terre di Badia, Matilde di Canossa, situata a Frassinoro nell'Appennino Modenese dalla parte confinante con il territorio di Reggio Emilia. Si pensa che la prima chiesa risalga al periodo italo-bizantino dei secoli VII-X. Alla fine dell'VIII secolo c'era una piccola chiesa alle dipendenze della pieve di Rubbiano; questa prima chiesa esisteva già ai tempi di Sigifredo I, nel 930 circa. La cappella sorgeva lungo l'antica via Bibulca che attraversava il passo di San Pellegrino per poi arrivare a Lucca, meta di pellegrinaggi per l'adorazione del "Volto Santo".
Tra il 1007 e il 1052 venne annesso alla chiesa un ospizio per viandanti, e fu messa alle dipendenze del monastero di Polirone, nel mantovano[1].
Nel 1072 Beatrice di Lotaringia e sua figlia Matilde di Canossa affidarono al monastero benedettino le reliquie di San Claudio[2].
Il periodo di massimo splendore fu quando Beatrice di Lotaringia vi fondò un'abbazia benedettina; in seguito la sua storia si confuse con quella del vicino paese diMontefiorino.
Dal 1210 al 1261 l'abbazia fu protagonista di diverse diatribe con il Comune di Modena per il controllo del territorio.
Dell'antica abbazia benedettina rimangono solo alcuni oggetti liturgici risalenti all'XI e al XII secolo. Sulle vecchie fondamenta dell'abbazia, andata in rovina nel XV secolo, si trova oggi la chiesa di Santa Maria Assunta di San Claudio e Lorenzo.